giovedì 19 gennaio 2012

A proposito della Costa Concordia.

Da Siciliana sono stata e sono tuttora 'assorbita' dalla rivoluzione, è il caso di dirlo, che sta interessando la mia terra e di cui ho parlato ampiamente su questo blog.
Tuttavia vorrei fare un accenno ad un altro grave fatto che si è verificato in questi giorni: la tragedia della Costa Concordia.
Venerdì notte, al largo dell'Isola del Giglio, questo gigante da crociera con più di 4000 persone a bordo è naufragato, dopo aver urtato alcuni scogli. Ad oggi le vittime accertate sono 11, 23 i dispersi.
Si parla di un errore umano e di una manovra azzardata; si parla di emergenza sottovalutata da bordo; si parla di ritardi nei soccorsi; si parla del Capitano Schettino accusato di essere l'autore del disastro, l'uomo della vergogna, il codardo che ha abbandonato la nave nel bel mezzo del naufragio. Si parla tanto di questa storia, forse troppo.
Intendiamoci: chi ha sbagliato, dovrà pagare. Tuttavia credo che i processi si facciano nelle aule giudiziarie e non in televisione. Il diritto all'informazione è sacrosanto, soprattutto quando ci sono delle vittime e dei dispersi. Però penso ci debba essere un limite. Divulgare le telefonate tra il Capitano Schettino ed il Comandante De Falco o quelle della gente a bordo disperata, che dovrebbero essere messe agli atti in sede di incidente probatorio, al solo scopo di fare audience o vendere i giornali, è un tantino eccessivo. Il processo per accertare le responsabilità del Capitano è già iniziato nei vari programmi televisivi, sfruttando l'onda dell'emotività e della gravità di quanto accaduto, prima ancora che in un tribunale. Ma il tragico si sa, fa notizia. Ecco quindi che comincia la corsa allo scoop, all'intervista in esclusiva, alle testimonianze di chi è sopravvissuto e forse anche di chi nemmeno c'era...tanto "tutto fa brodo". E più si riesce a soddisfare la curiosità del pubblico, più si è certi di aver vinto la guerra all' Auditel. Nell'epoca dei reality come il Grande Fratello, il confine tra informazione necessaria e quella superflua, 'vuota', volutamente urlata, è davvero labile. 

Altra opinione di chi vi scrive riguarda l'uso del termine "eroe". Trovo assurdo come in Italia diventi eroe chi compie 'semplicemente' il proprio dovere. Non è normale la mancanza di professionalità, certo, ma non è neppure eroismo svolgere le mansioni proprie del ruolo che si ricopre. Dovrebbe trattarsi di un atto di ordinaria amministrazione e non di coraggio, secondo me. 
Nella fattispecie: un Comandante che dà l'ordine di tornare a bordo, è un uomo professionale con senso del dovere. Sarebbe stato molto grave se non avesse impartito quell'ordine; ma non è neppure eccezionale per averlo dato. Ha fatto ciò che andava fatto, ma sembra quasi che la normalità e la professionalità in certi campi siano diventate talmente rare da stupire quando ci sono. Gridiamo all'eroe con la stessa immediatezza e con la stessa facilità di quando gridiamo al 'mostro', come se fosse assolutamente fondamentale trovare l'uno o l'altro in una storia che si rispetti. Questo dovrebbe farci riflettere.

Il mio pensiero infine va alle vittime, alle loro famiglie e ai dispersi, nella speranza che vengano ritrovati ancora in vita, al più presto.
Grazia

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